Quando si sente parlare di plusdotazione, generalmente si pensa subito a studenti e studentesse che imparano a velocità supersonica e hanno tutti voti altissimi in pagella. Se questo fosse vero, la loro vita sarebbe quasi una festa.
Invece non è così, perché la plusdotazione si manifesta fin da piccolissimi e riguarda tutta una serie ambiti, tra i quali la scuola è uno dei tanti. Non lo sapevo, fino a che non è nata mia nipote e ho cominciato a seguire la sua crescita. Ho imparato che quello che la contraddistingueva era la capacità di ragionare in modo molto
elaborato rispetto all’età. E questo è spiazzante, perché ti pare a volte di non avere margini sulla sua mente. Mi sono resa conto che la sua mente lavorava a
grandissima velocità, mentre il suo corpo seguiva ovviamente una crescita normale.
Quindi, per usare un paragone molto utilizzato, era come avere il motore di una Ferrari in una utilitaria. A scuola naturalmente le differenze si sono accentuate
ancora di più. Compiti terminati in tempo record, argomenti appresi dopo una sola spiegazione e così via. È stata la scuola stessa a chiedere di capirne di più e i test effettuati hanno confermato quello che già si intuiva. Ma a questo punto tutto si è fermato. Il tempo vuoto è stato riempito da schede in più, disegni, possibilità di leggere, talvolta dall’aiuto a un compagno in difficoltà e basta. Insomma, nulla che nutrisse la voglia di imparare cose nuove, magari più complesse.
In realtà la legge prevede un Piano didattico personalizzato per questi bambini, ma gli insegnanti hanno ammesso che non sapevano come prepararlo, perché non si erano mai trovati nella situazione. Ed è assolutamente comprensibile. La scuola aggiorna i docenti sulle Difficoltà di apprendimento e non si è mai occupata dell’altra faccia della medaglia.
Tuttavia, qualcosa c’è. L’Università di Pavia, con la Prof.ssa Zanetti, ha elaborato progetti e percorsi che possono essere utilizzati per tutta la classe e aiutano l’integrazione di tutti, scongiurando il pericolo più grande: la noia. Perché lo scopo non è quello di creare classi di piccoli geni, isolati dal mondo reale, ma quello di favorire relazioni arricchenti sotto tutti i profili. Per fare in modo che questo accada è necessario investire sulla formazione degli insegnanti, istituire gruppi di lavoro che preparino percorsi adeguati per i bambini plusdotati e che li inseriscano nel Pof.
Studenti plusdotati: l’approccio dei nostri istituti
Le nostre scuole, la primaria Daisy, la secondaria di primo grado Holden e Liceo Pascal in questi ultimi anni hanno iniziato un percorso di formazione e di
approfondimento al fine di accogliere gli studenti plus dotati e di garantire loro un percorso adeguato. La formazione ci ha insegnato che accogliere i ragazzi plus dotati richiede un approccio olistico che tenga conto delle loro esigenze accademiche, emotive e sociali, e che promuova un ambiente inclusivo e stimolante per favorire il loro pieno sviluppo e realizzazione. È importante creare un dialogo aperto e collaborativo con i genitori per condividere informazioni e strategie per supportare i propri figli offrendo accompagnamento da parte degli insegnanti e di un counselor.
Infine, è indispensabile differenziare i programmi sulla base delle necessità del singolo.
Insomma, è necessario che questi ragazzi e queste ragazze escano dal limbo, smettano di essere considerati “così intelligenti che tanto nella vita se la caveranno benissimo lo stesso”, come si sente dire spesso. Perché questo atteggiamento talvolta ricade sulla loro vita, quella vera, non solo quella scolastica, portando
ribellione eccessiva o profonda inedia e isolamento. Ecco, questo mi auguro non debba accadere a nessun ragazzo e a nessuna ragazza. Si tratta di partire e sono certa che ci sono già insegnanti appassionati pronti a mettersi in gioco.
A cura della Prof.ssa Maria Luisa Tamai