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FOBIA SCOLARE: CHE COS’È E COME SUPERARLA

Negli ultimi tempi si parla spesso di fobia scolare e ritiro sociale, senza che ne siano chiare le cause e le motivazioni che conducono i ragazzi ad attuare tali comportamenti. Genericamente, si identificano giustificazioni attribuibili allo scarso rendimento scolastico, al difficile rapporto con i coetanei, alla mancanza di dialogo a casa e affini. Spesso gli adolescenti decidono, poi, di “marinare” la scuola o addirittura di non voler più frequentare le lezioni, isolandosi da ogni tipologia di interazione sociale.

Ma che cosa comporta, nello specifico, questo tipo peculiare di paura? Si parla di fobia scolare nel momento in cui uno studente si ritrova impossibilitato a recarsi a scuola per gli elevati livelli di ansia e disagio percepiti. La paura che osteggia il ragazzo risulta, infatti, tale da impedirgli una regolare frequenza scolastica, con evidenti ripercussioni sulla qualità delle reti sociali, sulla salute psicofisica e sul benessere generale della persona.

I disturbi che possono associarsi alla fobia scolare sono molteplici. Tra questi, si possono annoverare: l’ansia da separazione; l’ansia generalizzata; la fobia sociale; la fobia specifica; gli attacchi di panico; il disturbo post traumatico da stress; la depressione; disturbo della condotta; disturbo oppositivo-provocatorio; disturbo da deficit di attenzione-iperattività; e disturbi specifici dell’apprendimento.

Tra le cause “esterne”, invece, si possono prendere in considerazione: la malattia, propria o di un elemento della famiglia; la separazione dei genitori; la separazione transitoria da uno dei genitori; relazioni conflittuali all’interno della famiglia; legami disadattativi con uno o entrambi i genitori; problemi con il gruppo dei pari o con uno o più insegnanti; e, infine, il ritorno a scuola dopo un lungo periodo di interruzione o vacanza.

La fobia scolare e i comportamenti correlati inducono le famiglie e i docenti allo sconforto e all’impotenza, mossi dall’idea di non riuscire a adottare le soluzioni adeguate ad abbattere il muro di ansia e paura che si impadronisce – e angustia le giornate – di questi giovani.

La domanda diventa, allora, ovvia e d’obbligo: che cosa possiamo fare noi genitori, e docenti?  In primo luogo, credo che sia opportuno diminuire la distanza che sussiste tra adulto educatore e educando [riflessione da mamma e da professionista, N.d.R.].

I ragazzi vanno aiutati a vivere in un contesto sociale idoneo alla loro età, che permetta loro un equilibrato sviluppo della personalità, il quale può e deve svilupparsi con confronti maturati nei contesti ludici e ricreativi che offre la scuola.

Per fornire un corretto supporto ai nostri ragazzi occorre, dunque, ritornare a essere “educatori della vita”. A tal proposito, vale la pena riprendere un concetto – elaborato dal sociologo Zygmunt Bauman – che prevede il ritorno a un valore etico e all’idea di giusto, in un periodo storico e sociale che Bauman definisce “modernità liquida”, caratterizzato da una crescente incertezza e accompagnato da una perdita di fiducia verso le istituzioni. Con liquida si intende, nello specifico, quanto di precario e instabile vi sia nella vita dell’uomo dal punto di vista della sfera affettiva, contraddistinta, appunto, dall’assenza di stabilità e punti di riferimento certi.

Diventa, perciò, indispensabile l’esigenza di costruire un progetto educativo individualizzato, capace di coinvolgere tutte le figure di riferimento del ragazzo, a partire dalla stessa famiglia, con la quale la scuola deve settimanalmente interfacciarsi per comprendere le dinamiche familiari caratterizzanti il nucleo affettivo.

Gli interventi di psico-educazione divengono, quindi, fondamentali sia con i ragazzi sia con i genitori, al fine di incentivarli a parlare delle paure che vigono e a fornire strategie e strumenti funzionali per gestire al meglio i comportamenti.

Presupposto inderogabile è, poi, evitare la colpevolizzazione.  I ragazzi devono, infatti, imparare a fronteggiare gradualmente le proprie paure, mediante l’incoraggiamento dei loro punti di forza e con lo scopo di migliorarne l’autostima. A questo proposito, si propone la partecipazione e la creazione di gruppi di attività sportive o altro, in modo da non consentire al ragazzo di isolarsi.

Bisogna, inoltre, evitare – o ridurre significativamente – l’utilizzo di dispositivi ludici (quali play station e telefoni, con correlato utilizzo dei social media), dal momento che costituiscono di per sé motivo di isolamento o di compensazione.

Quanto alla fobia, se non compaiono manifestazioni gravi, come tremori, panico, vomito e simili, la scuola (in collaborazione con le figure di riferimento) deve proporre il rientro dello studente. Se, al contrario, si manifestano i sintomi sopradescritti, deve, invece, essere prevista una formazione a distanza per permettere, seppur con difficoltà, di seguire le lezioni e, successivamente, proporre il ritorno a scuola.

All’interno di quest’ultima, infine, il corpo docente dovrà individuare una figura di riferimento e di supporto che abbia un buon rapporto con il ragazzo, in modo tale da intraprendere con lui un percorso di aiuto e sostegno, finalizzato al conseguimento del suo rientro graduale, concordando anche i modi e i tempi di permanenza all’interno della scuola.

Tutte le figure di riferimento dovranno inevitabilmente programmare incontri periodici per intraprendere strategie utili al miglioramento delle varie situazioni.

A tal proposito, credo fermamente che il nostro compito sia quello di insegnare, ai nostri ragazzi, a riconoscere le fragilità che li caratterizzano e che li accompagnano in tempi diversi della loro vita, facendole diventare punti di forza e consentire, così, loro di tramutarsi in futuri uomini e donne di valore.

Da questo punto di vista, tra le soluzioni più funzionali figura, senza dubbio, la terapia cognitivo-comportamentale, dimostratasi particolarmente efficace per i disturbi di ansia generalizzata. Lavorando sul comportamento, infatti, sarà possibile, come accennato, consentire un ritorno scolastico progressivo e concordato, al fine di riabituare con dolcezza e gradualità l’allievo vittima di fobia scolare.

a cura della prof.ssa Alessandra Facciolongo