Ogni anno, soprattutto in prossimità delle vacanze – siano esse estive, natalizie o pasquali –, si ripropone lo stesso dibattito: compiti a casa, sì o no?
Nel corso degli anni, anche l’Istituto Pascal Chieri si è ritrovato di fronte alla necessità di dover rispondere a questo dubbio annoso, sperimentando direzioni, modalità e metodi che potessero coniugare le esigenze di tutti gli individui coinvolti (studenti e studentesse, insegnanti e famiglie).
Fino al punto di svolta, ossia la scoperta del modello didattico finlandese e delle sue peculiarità, tra le quali spicca una decisione controcorrente e ben delineata: no, gli allievi e le allieve non devono svolgere i compiti assegnati a casa, bensì a scuola e con il supporto dei compagni e dei docenti.
Di qui, la scelta dell’Istituto Pascal, che ha elaborato un piano d’azione “alternativo” rispetto alla tradizione scolastica – soprattutto italiana – e ha previsto, per la sua Daisy Primaria Internazionale, per la sua Scuola Media Internazionale Holden e per i suoi Licei Pascal, una serie di pomeriggi intensivi in occasione dei quali svolgere i lavori conferiti e apprendere un metodo di studio efficace e funzionale per ciascun discente.
Un’innovazione che, in poco tempo, ha recato con sé una molteplicità di conseguenze positive, responsabilizzando maggiormente gli alunni e le alunne e consentendo loro di amplificare le proprie conoscenze e abilità grazie al confronto con gli altri membri della classe e al sostegno fornito dagli insegnanti, sempre presenti per supervisionare e intervenire in caso di necessità.Mediante lo svolgimento dei compiti a scuola, infatti, i ragazzi e le ragazze non studiano con il mero scopo di rispondere alle domande di una verifica scritta o di un’interrogazione orale, ma imparano a sviluppare un pensiero critico complesso e articolato e un proprio metodo di studio, dal momento che sono chiamati a riflettere con più attenzione sugli esercizi assegnati e, di conseguenza, a interiorizzare in maniera più approfondita le nozioni apprese.
In questo modo, le informazioni vengono elaborate con attenzione e lucidità, e possono essere rievocate non solo nel momento dell’esaminazione in classe, ma anche nelle varie occorrenze proposte dalla vita – costituendo quella base solida e duratura della cosiddetta “cultura generale” utile in qualsiasi occasione, da un concorso pubblico a un dialogo con sconosciuti.
Senza dimenticare, poi, il ruolo fondamentale ricoperto dal docente presente: spesso, infatti, uno degli ostacoli più grandi ai compiti a casa è rappresentato proprio dai genitori, troppo stanchi, stressati o distratti per fornire un supporto adeguato ai propri figli, i quali si ritrovano, così, costretti ad affrontare da soli passaggi che possono apparire ostici e faticosi da portare a termine. Un aspetto, quest’ultimo, che viene meno quando i lavori sono svolti a scuola, dove la presenza di un insegnante di riferimento può coadiuvare i ragazzi e le ragazze nel loro ragionamento e nella comprensione degli esercizi, aiutandoli a sviluppare un maggior senso di autonomia, autostima e indipendenza cognitiva.
Senza aumentare lo stress degli allievi e delle allieve, già provati da lunghe giornate scolastiche. Dimostra i benefici dell’assenza di compiti, infatti, anche l’OMS, le cui statistiche riportate nello studio quadriennale HBSC – The Health Behaviour in School-aged Children, facendo riferimento alle ore dedicate allo studio a casa, rivelano che gli studenti italiani siano tra i più stressati d’Europa, situando il nostro Paese in una posizione critica e marcando i nostri giovani studenti con uno dei più alti tassi di analfabetismo, nonostante la doppia – e a volte tripla – dose di compiti rispetto ai coetanei europei. Aumentare questi ultimi, quindi, non condurrebbe a un incremento del sapere e della conoscenza, bensì solo a un acuito affaticamento.
Lo spiega bene il pedagogista e dirigente scolastico Maurizio Parodi, che nel suo volume-manifesto Basta compiti! Non è così che si impara afferma che lo studio domestico sia inutile, dal momento che «le nozioni memorizzate per l’interrogazione del giorno successivo, dopo un breve periodo di tempo vengono dimenticate, perché si attiva solo la memoria a breve termine: non c’è apprendimento, ma si tratta di un sapere usa e getta».
In questo solco si inserisce, inoltre, il fatto che non tutti reagiscano allo stesso modo di fronte ai compiti assegnati: per alcuni, infatti, una prova può risultare particolarmente difficoltosa, per altri, al contrario, può apparire semplice e veloce da svolgere. Si crea, così, una disparità che può essere colmata solo dal supporto attivo di un docente, il quale interviene al fine di sopperire alla discrepanza fornendo il suo contributo e sciogliendo gli eventuali dubbi emersi nell’arco dell’esercitazione.
Un sostegno che può derivare anche dai compagni di classe stessi, che possono assumere il ruolo di “tutor” per tutti coloro che dimostrano maggiori difficoltà e titubanze, spiegando loro il percorso mentale attraverso cui sono giunti alla soluzione di un esercizio o il ragionamento che li ha condotti a comprendere a pieno una nozione.
Tale commistione di fattori, dunque, corrobora la fiducia che l’allievo e l’allieva provano non solo nei confronti di se stessi e dei “colleghi”, ma anche verso l’istituzione scolastica e i suoi rappresentanti, alimentando la curiosità e l’interesse per lo studio e l’apprendimento nel suo complesso.
Non avere compiti a casa, infine, offre un’ultima – ma non meno importante – occasione ai nostri giovani d’oggi: la preziosa, e sempre più rara, possibilità di scoprire i propri talenti, le proprie inclinazioni e le proprie passioni, al di là delle materie impartite tra le aule scolastiche. Il tempo libero offerto dall’assenza di compiti, appunto, permette ai ragazzi e alle ragazze di dedicarsi allo sport, all’arte, alla musica, alla lettura e a tutto ciò che smuove le loro anime, contribuendo, così, a delineare i contorni della personalità e dell’attitudine alla vita del discente.
Crescere persone curiose, autonome e libere di esprimere se stesse è, secondo noi, l’obiettivo fondamentale della scuola: un compito – questo sì – che assolviamo quotidianamente con devozione, cura e rispetto, e che rappresenta uno degli elementi di spicco del nostro metodo didattico, dalle elementari al liceo.
di Roberta Scalise