Durante le lezioni della professoressa Valentina Bruzzese, docente di lingua inglese della Scuola Media Internazionale Holden può capitare di trovare gli studenti intenti a giocare a tombola o a sfidarsi a “Indovina chi?”.
Non si tratta di meri momenti di svago ma di un approccio didattico innovativo allo studio di una lingua straniera che coniuga alle lezioni sui libri attività esperienziali e ludiche funzionali ad un miglior apprendimento della materia.
Ne abbiamo parlato nel dettaglio con lei in questa intervista che riprende il nostro format “Scuola delle eccellenze”.
Su che cosa si basa il tuo metodo didattico? In che cosa risulta innovativo, rispetto a quello tradizionale? E in che modo ha influito su di esso il metodo educativo finlandese, fonte d’ispirazione dell’Istituto Pascal?
Il mio approccio all’insegnamento della lingua inglese è incentrato sull’esperienza e la personalizzazione dell’uso della lingua. A differenza di altre lingue straniere, la lingua inglese viene già insegnata alla scuola primaria, di conseguenza gli allievi approdano al primo ciclo di scuola secondaria con una base di competenze già presente, anche se variabile.
Ciò che manca è, però, il tentativo di aiutare i ragazzi a vedere la lingua non come una semplice regola o un capitolo su un libro, ma come pezzi di un puzzle che permettono loro di costruire la possibilità di esprimersi e comunicare. I metodi tradizionali, infatti, puntano esclusivamente sull’uso di libri di testo ed esercizi, e io ritengo che questa parte sia comunque necessaria per dare struttura e aiutare a comprendere e ad apprendere come dire o scrivere qualcosa. Tuttavia, spesso gli esercizi risultano
“distanti” perché calati nella cultura inglese – e per inglese mi riferisco all’area geografica del Regno Unito –, e non lasciano spazio alla personalizzazione da parte dello studente.
Il mio intento è, pertanto, quello di rendere l’apprendimento, da un lato, più esperienziale, attraverso la recitazione di dialoghi creati ad hoc e più “vicini” al contesto culturale di appartenenza degli allievi, e, dall’altro, più personalizzato, portando i ragazzi a interiorizzare e utilizzare una regola creando loro stessi frasi e concetti che nascono dalla loro esperienza personale.
L’approccio finlandese viene integrato nella mia didattica attraverso l’osservazione dei ragazzi e l’intento di comprendere le peculiarità e le potenzialità di ciascuno, spingendo i ragazzi ad affrontare difficoltà sempre crescenti, ma senza forzarli – soprattutto nei casi in cui le difficoltà personali fossero rimarcate.
Qual è il tuo approccio in classe? Come ti poni nei confronti dei tuoi alunni e quale rapporto si è instaurato con loro?
Il mio approccio è un bilanciamento tra giocosità e rigore, perché credo che questo sia uno degli aspetti che caratterizza la vita, non solo scolastica. Mi piace mettere gli allievi nella condizione di esprimere le loro opinioni e osservare il loro modo di pensare e muoversi, cercando di comprendere – attraverso i loro atteggiamenti – le motivazioni alla base del loro impegno nell’apprendimento della lingua.
Il rapporto che si è creato con i ragazzi è di ascolto reciproco e di fiducia: questo permette di ridurre la distanza tra professore e allievo, fermo restando che a tale fiducia deve essere sempre accompagnato il rispetto reciproco, il rispetto per gli altri e il rispetto delle norme di vita sociale e scolastica.
Come si articolano le tue lezioni di Inglese? Quali metodologie utilizzi per coinvolgere maggiormente i ragazzi e aiutarli ad apprendere in maniera inedita le nozioni impartite?
La modalità di svolgimento delle lezioni non è standard, dipende dall’argomento che deve essere trattato e dallo specifico gruppo classe che mi trovo di fronte. Alterno momenti di utilizzo del libro di testo, per focalizzare l’attenzione sull’argomento, a
momenti di schematizzazione e semplificazione del contenuto della lezione alla lavagna. Spesso nei libri di testo un argomento è diluito in numerosi capitoli ma questo, a mio avviso, non permette di avere una visione d’insieme dell’argomento.
Utilizzo, poi, giochi di gruppo che prevedono la partecipazione in prima persona e fisica dell’allievo che, in questo modo, non è più costantemente seduto al banco, ma ha la possibilità di esprimersi muovendo il corpo. Utilizzo anche l’attività artistica e
creativa, facendo creare materiali che permettano di alternare l’apprendimento e l’uso della lingua all’uso di matite e colori, e di facilitare, così, l’apprendimento in un clima di maggiore pacatezza.
Quali sono, secondo te, le potenzialità di una didattica innovativa? E, a questa, come stanno rispondendo i ragazzi?
L’aspetto più importante rimane, a mio avviso, il coinvolgimento degli allievi e la loro partecipazione dinamica alle attività. I ragazzi hanno accolto in maniera favorevole le attività proposte e questo mi ha permesso di rilevare un cambiamento nell’approccio alla lingua e un passaggio in avanti nell’apprendimento – anche da parte di studenti con maggiori difficoltà.
Facci alcuni esempi pratici di didattica innovativa.
Tra gli emblemi di didattica innovativa che ho sperimentato in questi mesi vi sono:
- la creazione di un fumetto che esprimesse i concetti al Simple Present: esecuzione dello storyboard, disegni e testi;
- la realizzazione di un libro con una storia di loro invenzione: su foglio da disegno, creazione della copertina e progettazione del titolo in lingua, descrizione fisica del personaggio e della personalità;
- utilizzo di giochi da tavolo per il ripasso di regole: Bingo (tombola) per i numeri ordinali e cardinali e Guess Who (Indovina Chi) per la descrizione fisica delle persone e domande con il verbo Have Got;
- interpretazione di dialoghi (presenti sul libro di testo o creati dall’insegnante ad hoc), puntando sul miglioramento della pronuncia ma soprattutto sulla comprensione e sulla conseguente interpretazione ed espressività nell’esposizione.
Tra i nuovi metodi fruiti, quale si è rivelato il più efficiente? E quale è stato maggiormente apprezzato dagli allievi?
Sicuramente la fusione tra l’apprendimento della lingua e l’attività artistico-creativa è la metodologia che ha riscosso maggiore successo, proprio perché permette di dare concretezza alla lingua e anche di lasciare libertà espressiva sul piano artistico, rendendo, così, più piacevole l’apprendimento.
Quali sono, infine, le tue speranze per il futuro della scuola? Come immagini la “scuola del domani”?
Immagino la scuola del domani come un luogo nel quale vi sia maggiore equilibrio tra “ciò che deve essere fatto da programma” e “ciò che i ragazzi sono davvero in grado di recepire in un dato momento della loro crescita”. Le nuove generazioni sono differenti
rispetto anche solo a cinque o dieci anni fa, la loro visione del mondo è molto ampia, anche in età precoce, e la scuola deve riuscire a trovare nuove modalità per accompagnare i ragazzi verso una crescita che non sia solo nozionistica, ma anche sociale e relazionale, favorendo lo sviluppo del pensiero critico e della capacità di far fronte ai problemi senza lasciarsi abbattere o sopraffare dalle difficoltà.